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Il programma Tremonti-Gelmini per l’Università: le facoltà agli immobiliaristi


Ai tutti, CRUI esclusa, era parso chiaro fin da quando la legge 133 diede alle università la possibilità di trasformarsi in fondazioni: in un paese in cui l’investimento privato in ricerca ed innovazione è, in rapporto al PIL, meno della metà della media UE e poco più di un quinto di quello delle tre nazioni di testa, il solo interesse che i “privati” possono nutrire verso il sistema universitario è mettere le mani sul patrimonio immobiliare dei nostri atenei.

Puntualmente, il ministro Tremonti, intervenendo alla presentazione di un libro al Collegio Nuovo di Pavia, ha spiegato che le università possiedono un patrimonio immobiliare immenso “che potrebbe essere venduto gradualmente per finanziare le esigenze degli atenei” , anche se, bontà sua, “non puoi vendere tutto di colpo, ma è evidente che qualcosa non funziona”. D’altra parte fra tagli, calo degli iscritti, propositi di rinunciare a fare ricerca nel nostro paese, intenzioni di avviare i giovani al lavoro manuale anziché agli studi universitari, chiusure, fusioni e federazioni di atenei, è inevitabile che prima o poi le università finiscano per essere costrette a vendere i propri immobili, spesso collocati nelle zone centrali delle nostre città. Fuori c’è un mondo di palazzinari che aspetta, i famosi “esterni” ansiosi di mettere un piede nei rinnovati consigli di amministrazione.

Categorie:Antenne Precarie
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  1. 20 aprile 2011 alle 17:03

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