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DALL’UNIVERSITA’ A MIRAFIORI: UN MODELLO DEVASTANTE


Nessun futuro per una società senza diritti

Le condizioni di lavoro imposte dalla Fiat a Mirafiori rappresentano, oltre che un’ingiustizia, una minaccia allo sviluppo sociale e civile del Paese. Questo diktat è stato appoggiato e sostenuto dal Governo, che ha già provveduto a smantellare la scuola e l’università pubblica con riforme che avevano a cuore soltanto i vincoli di bilancio.
La Fiom-Cgil, con la sua resistenza a questa minaccia aziendale, non difende soltanto i diritti sindacali conquistati in decenni di lotte, ma si oppone all’introduzione generalizzata della ricattabilità nel mercato del lavoro. Infatti, i contratti aziendali impongono la fragilità dei lavoratori nei posti di lavoro. Un modello già introdotto nel mondo universitario, che pur con le evidenti differenze con il lavoro di fabbrica, anticipa la condizione a cui può condurre l’assenza della contrattazione collettiva nazionale: contratti ad personam privi di tutele e di garanzie, nessuna continuità del reddito, diritti sindacali azzerati.
Questa situazione rischia di diventare una condizione strutturale e sistematica, non più eccezionale, diffusa in tutti i settori lavorativi. Inoltre il “modello Mirafiori” lede tre diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione: il diritto di sciopero, il diritto di rappresentanza democratica e il diritto alla salute. Mentre ancora una volta il sistema produttivo italiano si caratterizza per gli scarsi investimenti in innovazione e ricerca scientifica.
Il Coordinamento Precari dell’Università, per tutti questi motivi, si mobilità al fianco della Fiom per la difesa dei diritti fondamentali del lavoro in questa battaglia di civiltà che riguarda il nostro presente e il futuro del Paese. Ci opponiamo infatti con forza a questo scenario imposto dalla maggioranza politica e dall’ambiente industriale, con il colpevole silenzio di parte dell’opposizione, che scatenerebbe nei luoghi di lavoro una competizione tra individui che rende asserviti e che demolisce i legami di solidarietà e cittadinanza.
Il 28 Gennaio, perciò, i ricercatori precari saranno a Torino e nelle piazze italiane a manifestare insieme agli operai e agli studenti delle scuole e delle università.

Coordinamento ricercatori e docenti Precari – Università (CPU)

Invito all’iniziativa dei Dottorandi Indisponibili di Padova


Care e cari,

è ancora viva la giornata della vergogna dove il governo e un’intera classe politica, sordi e miopi alle istanze di centomila giovani in piazza preoccupati per il loro futuro, si sono dati al calcio-mercato e al toto-voto per mantenere in piedi un governo ormai privo di legittimità e credibilità.

Il futuro dell’Università e dei giovani non rappresentano sicuramente una reale priorità per questo ed altri governi interessati solo a difendere i propri privilegi e le proprie poltrone.

Mercoledì in Senato assisteremo (forse!) all’ultima forzatura per approvare un disegno di legge che precarizza le nostre vite e distrugge definitivamente l’Università e il nostro futuro.

I DOTTORANDI INDISPONIBILI invitano precari della ricerca e della docenza, studenti ma anche tutto il personale accademico ad ATTIVARSI e MOBILITARSI per

un PRESIDIO-ACCAMPAMENTO permanente davanti al Palazzo del Bo per vigilare l’iter parlamentale del ddl Gelmini in Senato.

MARTEDI 21 DICEMBRE ore 14:30

Istruzioni per l’uso:

Portare:
– tende, sacco a peli, stuoini, fornelletti, attrezzatura da campeggio.
– cartelli, pennarelli, striscioni, fischietti e campanacci.
– cibanze e bevande calde
– amici, colleghi e parenti.

Per ribadire che l’università è e deve rimanere pubblica,

perché formazione e ricerca devono essere un bene comune,

perché prima di mettere in fuga i nostri cervelli, vogliamo usarli per costruire insieme il nostro futuro!

Riprendiamoci il presente, costruiamo il nostro futuro!


Cercare i nostri eguali osare riconoscerli
lasciare che ci giudichino guidarli esser guidati
con loro volere il bene fare con loro il male
e il bene la realtà servire negare mutare.
(Franco Fortini)

Quello che vedremo al senato, la settimana prossima, sarà quello che abbiamo visto tante volte negli ultimi anni: un parlamento ormai irrimediabilmente separato dal paese reale, che si beffa di una società intera.
Molto probabilmente Mercoledi 22 Dicembre la riforma Gelmini passerà, sarà oggetto di accordi e compravendite che non tengono conto delle critiche che da mesi studenti e ricercatori portano avanti con ogni mezzo. In Senato il governo ha una maggioranza schiacciante, ma noi che stiamo fuori dall’aula abbiamo la voglia, la capacità, la rabbia e soprattutto l’intelligenza per sperimentare nuovi modi di fare democrazia. L’istituzione parlamentare è ormai una nave in bottiglia, senza mare e senza onde, protetta dal vetro sottile che la circonda.
Oltre quel vetro di quella bottiglia c’è tutto il resto. Un mondo variegato, composito, non ricostruibile in qualche articolo o servizio televisivo. Pensiamo, solo per fare un esempio, al mondo della cultura e della formazione. Persone differenti, che mai si erano parlate prima, si stanno muovendo in maniera diversa, senza trovare un unico punto su cui convergere, senza trovare un nome che racchiuda tutto ciò che si muove. Se non possiamo dare un nome a questo movimento, possiamo però leggerne le passioni, le intensità, le differenze e le tante domande a partire dalle quali reinventare la politica.
C’è la rabbia di chi non viene mai ascoltato, di chi in questi mesi tenta ogni strategia comunicativa e politica per far valere le proprie ragioni, ma sente la sua voce bloccata da istituzioni chiuse a riccio su se stesse.
E c’è l’amore per quello che si fa ogni giorno, nonostante i ricatti, la mancanza di futuro, la precarietà imposta. L’amore di chi continua a mettersi in gioco, di chi continua a costruire, perché è quello che vuole fare, perché è ciò in cui crede.
A lungo sentiremo ancora parlare del 14 dicembre come momento in cui tutto è venuto a convergere, come apice, come D-Day irripetibile, evento epocale. Si tratta ora di ricominciare a camminare, di concepire l’ evento come salto in grado di riaprire un futuro a partire dagli slanci che hanno contribuito a produrlo: le proteste dei ricercatori di settembre, le piazze piene di studenti medi a ottobre,gli studenti universitari sui tetti nel mese di novembre, le strade, le stazioni e i monumenti occupati.
Siamo convinti che questo sia il momento di parlarsi, di riconoscersi, di costruire un’agenda politica comune in grado di creare spazi di partecipazione pubblica a partire dal prossimo Gennaio. Non solo è il momento di parlare tra noi, ma di parlare alla società intera: il terreno della crisi infatti è utilizzato dal nostro governo e dai poteri forti di questo paese per attaccare i diritti di tutti e tutte, per moltiplicare i ricatti, per aggredire il diritto di sciopero, per ridefinire i rapporti sociali sui posti di lavoro quanto nella società.
Per farlo abbiamo pensato a un’assemblea in un luogo centrale della città, la piazza all’interno della biblioteca Sala Borsa. Invitiamo non solo gli studenti medi, i docenti, i precari dell’università e i ricercatori, ma anche tutta la cittadinanza, i comitati per i beni comuni, i bibliotecari in lotta, gli insegnanti precari, a fare un primo passo verso il 2011. Per riprenderci tutti insieme il presente e costruire giorno per giorno il nostro futuro.

Studenti e precari

Mercoledì 22 Dicembre, ore 16 assemblea in Sala Borsa,
Piazza del Nettuno, Bologna

A quelli benpensanti che ti aggrediscono…


Riproponiamo in questa arena un estratto del dibattito sulle violenze e gli scontri del 14 e sulla lettura del fenomeno da parte dei media e vi invitiamo a scriverci e a commentare.

Gaia:

Scusate, ma a quelli benpensanti che ti aggrediscono in quel modo sotto le due torri non sarebbe ora di rispondere: in che posizione preferisci vedermi mentre mi bastonano con piacere togliendomi qualsiasi speranza di futuro? salario, casa, dolcezze della vita?

Mi preferiresti a chinino o supino? devo fare anche il verso del cane? Devo finire come quelli della Tissen? Allora mi daresti credito? Gasparri ha usato la retorica del cittadino bloccato dalla manifestazione e dagli scontri: era una cosa ributtante che per un momento mi ha fatto dire: tutto quello che è successo in strada è legittimo.

Sulla spendibilità pubblica degli scontri non mi dilungo e chi mi conosce sa che sono molto critica, ma in una giornata come quella di ieri non era possibile “sfilare solo pacificamente”: i commenti su “come eravamo belli” durate la mattinata in tutta la diretta che ho seguito su RaiNews e Repubblica Tv era ributtante. Sembrava che fossimo lì per le compere natalizie.

L’altra alternativa a mio avviso sarebbe stata quella di assediare la città con tende e sacchi a pelo – tutti e tutte. Restare là. Forse poco praticabile?

Se veramente non abbiamo niente da perdere.

Il problema della retorica parlamentare e politica in senso lato è che secondo loro abbiamo ancora qualcosa da perdere e non ci incazzeremo mai veramente.

Il problema è che lo pensiamo anche noi… talvolta.

Ad ogni modo, non ho nessuna voglia di condannare chi venendo da Terzigno decide che il “salotto buono” romano debba odorare e debba esser devastato come casa sua: la foto apparsa sui giornali che accosta la rissa dentro la Camera e gli scontri fuori coglie perfettamente cosa intendo. E non mi va nemmeno la retorica del PD che chi è contro Berlusconi sono i più belli, i più bravi e i più civili elementi della società civile: col cavolo.

Anche RAI news ieri sera, mentre c’era la diretta da piazza del popolo, commentava che il disagio presente, se si scatena così, va preso in considerazione in modo diverso da come si è fatto finora… sarebbe anche ora. Peccato che le telecamere e gli altri commenti fossero come sempre su “i soliti facinorosi”.

Ed è su questo che dovremmo riflettere.

“Sarà un libro che ti seppellirà”.

accorata Gaia


Francesco:

Cara Gaia, sottoscrivo ogni tua singola parola, non sto distribuendo torti e ragioni.

Tra l’altro anche io, come mi sembra di aver colto tra le righe di altre email, sono convinto che gli scontri di ieri non siano partiti “da qualche decina di black blok”, come si scrive sempre in questi casi nei comunicati in cui si prendono le distanze o come si sente in certi servizi giornalistici.

Basta guardare a Londra, o ad Atene, per capire che in ballo c’è ben altro. Dico quello che c’è in ballo secondo me: una grande rabbia sociale che si esprime in piazza anche attraverso quello che è successo ieri.

Il problema – enorme – secondo me è questo: qual è la cornice che dà senso a questa rabbia?

Attenzione: perché ci stanno provando già tutti a calare una brutta gabbia narrativa: “sono tornati gli anni ’70” (che vuol dire e diventa presto “basta casini, vogliamo ordine, la ricreazione è finita”).

Se non ci si inventa subito un’altra narrazione, resta rabbia. anzi no, magari restasse rabbia: finirà ingabbiata nel “sono tornati gli anni ’70”. che diamine c’entra sono tornati gli anni ’70 con quello che è successo ieri???

Comunque, al di là di questo penso anche io che sarebbe bello, anzi importante, che chi c’era racconti, che si raccolgano – come hanno proposto in tanti – testimonianze. altro che comunicati, partiamo da lì.

Francesco

Gaia

La nostra narrazione deve essere forte e “bucare” le scatole di cartone dove ci ripongono con riferimenti storici paradossali. Ma perché questa bella moltitudine si autorappresenti deve essere scaltra. Ti faccio un esempio: se Genova ci dice che l’attacco da più parti della zona rossa fa un gran pasticcio, sono convinta che l’aggiramento vince.