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Piattaforma del CPU per decreti attuativi e statuti d’ateneo


PIATTAFORMA DI RICHIESTE DEL CPU PER LA SCRITTURA DEGLI STATUTI DI ATENEO E I DECRETI ATTUATIVI DELLA LEGGE 30 DICEMBRE 2010, N. 240, DI INTERESSE PER I PRECARI DELLA RICERCA E DELLA DOCENZA

Con la piattaforma per la fase successiva all’entrata in vigore delle nuove norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, il Coordinamento dei Precari della ricerca e della didattica – Università (CPU) intende ribadire il proprio impegno per il superamento del lavoro precario e per l’affermazione di condizioni di lavoro dignitose negli atenei italiani. Le politiche accademiche dell’ultimo quindicennio, le prassi consolidate a livello centrale e locale e tutti gli interventi legislativi, compreso l’ultimo, hanno inteso fondare il funzionamento delle università sul ricorso al lavoro privo di prospettive e diritti di decine di migliaia di lavoratori precari, soggetti ad ogni forma di arbitrio sia nella definizione delle forme contrattuali che nelle prospettive di accesso alle posizioni stabili delle università, soggette a logiche di tipo cooptativo indipendenti da qualsiasi forma di valorizzazione del talento e dei risultati. Le nuove norme appena approvate non modificano in alcun modo questo stato di cose, ma anzi amplificheranno ulteriormente i margini di arbitrio nelle procedure di reclutamento.
Per tali ragioni, la fase di riscrittura degli statuti di ateneo e di emanazione dei decreti attuativi dovrà tener conto della piaga del lavoro precario, intervenendo sui problemi preesistenti e riducendo l’impatto, prevedibilmente negativo, che le nuove norme avranno sulle condizioni di lavoro negli atenei italiani e sulle prospettive di stabilità dei lavoratori precari.
Si indicano a seguire i temi fondamentali su cui aprire ed approfondire il confronto, nella consapevolezza che purtroppo le normative esistenti non prevedono strumenti di confronto fra le realtà precarie e gli organi di governo centrali e locali del sistema universitario, per cui le potenzialità di ascolto sono legate da un lato alla ragionevolezza dei singoli atenei, del ministro e dei funzionari del MIUR, dall’altro dalle nostre capacità di esercitare una pressione costante attraverso iniziative di mobilitazione e di instaurare rapporti di stretta collaborazione con tutti i soggetti accademici. In quest’ottica, continueremo ad esercitare ogni possibile pressione nelle piazze e nelle università, congiuntamente a studenti e ricercatori e alla parte sana del corpo docente.
Riteniamo indispensabile che le commissioni che saranno incaricate di redigere i nuovi statuti di ateneo prevedano la presenza di rappresentanti di tutte le categorie del mondo universitario, inclusi i lavoratori precari della ricerca e della didattica, e sosterremo in tutte le sedi l’adozione delle misure proposte con la presente piattaforma.

CONTRATTI E DIRITTI, RECLUTAMENTO E PROGRESSIONE
(statuti di ateneo) ai lavoratori precari con qualsivoglia tipo di contratto devono essere riconosciuti gli stessi diritti dei lavoratori strutturati dell’ateneo (asili nido, mense, parcheggi, rimborsi spese, partecipazione a bandi per fondi di ricerca d’ateneo…); in quest’ottica chiediamo che negli statuti vengano esplicitamente introdotti degli standard minimi che sanciscano diritti e tutele di cui ciascun lavoratore dell’ateneo, precario e non, deve necessariamente usufruire e si preveda la definizione di una retribuzione minima al di sotto della quale nessun rapporto di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, possa in alcun modo scendere.
– (statuti di ateneo) ogni anno il numero di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera b), dell’ultima legge di riforma in essere nell’ateneo non dovrà essere inferiore al numero di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera a) in essere. Ciò al fine di evitare che i contratti ex-lettera a) finiscano per configurarsi come l’ennesima forma di contratto precario privo di sbocchi realistici nel sistema accademico italiano e siano invece legati ad un’effettiva possibilità di partecipazione ai contratti ex-lettera b), cd. “tenure track”.
– (statuti di ateneo) entro 4 anni e di concerto con le rappresentanze sindacali di ateneo, si deve dare attuazione letterale all’articolo 18, comma 5, della legge di riforma, ponendo fine al ricorso, per lo svolgimento di attività di ricerca all’interno dell’ateneo, a contratti precari diversi da quelli da ricercatori a tempo determinato (articolo 24 della legge) e dagli assegni di ricerca (articolo 22). In particolare, deve essere vietato qualsiasi ricorso a prestazioni di lavoro gratuite. E’ doveroso estirpare la giungla di contratti precari, privi di tutele, diritti e realistiche prospettive di sbocco, attraverso un percorso graduale e concertato, anche al fine di non trasformare l’operazione in un’immediata e colossale opera di licenziamento di migliaia di lavoratori privi di fonti di reddito alternative.
– (regolamenti d’ateneo) i regolamenti di ateneo che disciplineranno le procedure per gli assegni di ricerca (articolo 22, comma 4), i contratti per attività di insegnamento (articolo 23, comma 2) e i contratti da ricercatore a tempo determinato (articolo 24, comma 2) dovranno essere preparati da apposite commissioni che includano anche rappresentanze di lavoratori precari e dovranno assicurare il rispetto dei principi di trasparenza concorsuale e la massima pubblicità dei bandi, da pubblicare sul sito dell’ateneo e nel maggior numero possibile di siti istituzionali. A tal proposito, è auspicabile che il MIUR si impegni a costituire un portale nazionale che raccolga tutti i bandi, comprendendo anche quelli per assegni di ricerca e per contratti di insegnamento.
GOVERNANCE E RAPPRESENTANZA
– (statuti di ateneo) il numero di membri esterni dei CdA dovrà essere esattamente uguale, e mai superiore, al minimo previsto dalla legge di riforma. Ciò al fine di evitare di consegnare le università nelle mani di soggetti esterni, in aperta violazione dei principi costituzionali di autonomia universitaria, e di trasformarle in consorterie affaristiche, sopprimendone il ruolo di centri di produzione e trasmissione di culture e saperi. In quest’ottica, è opportuno ragionare sulla possibilità che il numero di componenti dei CdA sia limitato a 10 unità, in modo da ridurre a 2 il numero dei componenti esterni.
– (statuti di ateneo) in ogni caso, gli statuti dovranno regolamentare la provenienza dei membri esterni, escludendo la possibilità di nomine politiche, nonché l’ingresso dei CdA di componenti di amministrazioni di società private e di soggetti portatori di interessi politici ed economici incompatibili con l’autonomia universitaria e con i principi di libertà della ricerca e dell’insegnamento sanciti dall’articolo 33 della Costituzione della Repubblica Italiana.
– (statuti di ateneo) almeno uno dei membri esterni dei CdA (tecnicamente, “non appartenenti ai ruoli dell’ateneo”) deve essere scelto nell’ambito del personale non strutturato dell’ateneo.
– (statuti di ateneo) presenza di rappresentanze elettive di ricercatori a tempo determinato e di assegnisti di ricerca in tutti i consigli di dipartimento, nelle strutture di raccordo e nei senati accademici, ponendo fine ad un’immotivata e discriminatoria esclusione.
– (statuti di ateneo) la designazione dei membri interni dei CdA dovrà seguire la via elettiva ed includere tutte le categorie.
– (statuti di ateneo) il parere del Senato Accademico deve essere obbligatorio e vincolante in materia di didattica, ricerca e servizi agli studenti.
RETRIBUZIONI
– (decreto ministeriale) l’importo minimo degli assegni di ricerca, da stabilire mediante decreto del ministro secondo il dettato dell’articolo 22, comma 7, della legge di riforma, non dovrà essere inferiore a 25000 euro annui. Tradotto in importo netto mensile, tale somma corrisponde a circa 1900 euro, retribuzione quanto meno compatibile con quella dei contratti europei confrontabili. E’ inaccettabile l’attuale importo netto di 1230 euro mensili, peraltro incredibilmente fermo da ben 7 anni nonostante gli aumenti del costo della vita.
– (decreto ministeriale) l’importo minimo delle docenze a contratto, da stabilire mediante decreto del ministro secondo il dettato dell’articolo 23, comma 2, della legge di riforma, non dovrà essere inferiore a 150 euro lordi per ora di lezione, anche tenendo presente che, fra preparazioni, esami e ricevimenti, ogni ora di lezione corrisponde a più ore di lavoro effettivo.
  1. 21 gennaio 2011 alle 00:22

    ottima piattaforma. condivido quasi tutto.

    una domanda: perché neanche una parola sui criteri da utilizzare per l’abilitazione nazionale?

  2. Doriano Brogioli
    21 gennaio 2011 alle 08:46

    Volete che gli RTDb siano piu’ degli RTDa. Attenzione pero’ a come lo si fa. Se lo imponete cosi’, significa che se uno ha dei fondi di ricerca (intendo un bravo precario che se li e’ trovati da solo), con quei fondi rischia di non potersi pagare una posizione RTDa, perche’ supererebbe il numero degli RTDb.

    Il dramma che stiamo vivendo sembra che non lo abbiate neppure visto.

    Le posizioni TD restanti, che si possono pagare fuori FFO, sono solo assegni e RTDa. Sostanzialmente, 9 anni. Poi, a casa. L’unica oasi di meritocrazia erano i ricercatori che trovavano da se’ i soldi per pagarsi, anche a vita, se necessario. Ora, chiudiamo tutto! Ma c’e’ qualcuno che si e’ accorto del dramma? La stessa cosa sta avvenendo in alcuni enti di ricerca. L’intenzione e’ di eliminare il precariato della ricerca, eliminando i precari! Ma dove andiamo senza ricerca? In tutto il mondo la ricerca la fanno quelli pagati su un fondo di ricerca, e chi se no? E ora li vogliamo eliminare, con il perfetto accordo di tutte le associazioni di precari!!!!

  3. Luca Schiaffino
    21 gennaio 2011 alle 13:36

    Articolo 18, comma 3, della legge Gelmini:

    3. Gli oneri derivanti dalla chiamata di professori di cui al comma 1 e dall’attribuzione dei contratti di cui all’articolo 24 possono essere a carico totale di altri soggetti pubblici e di soggetti privati, previa stipula di convenzioni di durata almeno quindicennale per i professori e i ricercatori titolari del secondo contratto di cui all’articolo 24, comma 5, ovvero di durata almeno pari a quella del contratto per i ricercatori.

    Non è possibile “pagarsi” un RTDa con fondi esterni. Tutto ciò che si può fare è trovare un’azienda che finanzi un triennio da RTDa in convenzione con l’ateneo, che a quel punto lo potrebbe includere nella quota del 50% di RTDa. In ogni caso si farebbe un regolare concorso pubblico.

    Con fondi esterni sarà possibile solo pagare assegni di ricerca.

    Naturalmente si può chiedere di cambiare la legge Gelmini su questo punto, però la piattaforma è relativa a decreti attuativi e statuti d’ateneo, non ad eventuali nuovi interventi legislativi.

  4. Doriano Brogioli
    24 gennaio 2011 alle 08:35

    Per Luca Schiaffino: la frase completa e’:
    ” […] previa stipula di convenzioni di durata almeno quindicennale per […] i ricercatori titolari del secondo contratto di cui all’articolo 24, comma 5, ovvero di durata almeno pari a quella del contratto per i ricercatori”

    io intendo come “secondo contratto” gli RTDb; per gli RTDa basta coprire il solo tempo del contratto (3 anni o 3+2). Certo che si deve comunque pagare anche la didattica: 42mila euro in tre anni, che non si possono rendicontare su un progetto, ma al massimo sugli overhead, se ci sono, quindi sara’ comunque difficile.

    La situazione resta comunque drammatica, per il tetto di 9 anni. Questa si’ che e’ precarieta’: sapere che inizio a lavorare adesso, e tra 9 anni, a meno di una falla nel sistema clientelare, saro’ disoccupato.

    Ad oggi, la posizione che va per la maggiore tra i precari e’: “finalmente abbiamo abolito il precariato”. Cioe’ sono contrenti che tra qualche anno saranno a casa: “cosi’ la smetto di fare questo lavoro schifoso”. Per favore, ditemi che non siete tutti allineati a questa posizione autolesionista!

  5. Elpidio
    24 febbraio 2011 alle 10:08

    Vorrei avere notizie inerenti la modalità di effettuazione dei concorsi a tempo determinato. Si possono già bandire?

  1. 27 gennaio 2011 alle 08:44

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